È bizzarro però come in realtà, questi grandi estimatori di usanze e culture internazionali siano, alle volte, anche coloro che possiedono una scarsa e vaga consapevolezza delle celebrazioni e degli avvenimenti più che degni di nota che hanno luogo a pochi minuti di distanza dalla loro zona di residenza. Fra questi avvenimenti può facilmente rientrare la celebrazione del Venerdì Santo a Pietraperzia, località dell’entroterra siciliano in provincia di Enna che oggi conta poco più di settemila abitanti. Qui il venerdì santo è un giorno di festa e di preghiera molto sentito dalla comunità che, dal XIV secolo, mantiene intatte le sue tradizioni per mezzo della processione de “Lu Signuri di li fasci”.
Gli abitanti del paese, i pietrini, sin dalle prime ore del giorno si apprestano a organizzare i festeggiamenti, curando ogni più piccolo dettaglio.
Già alle 15 il crocifisso viene uscito dalla Chiesa del Carmine della città e portato in processione fino alla Chiesa Madre, per poi tornare alla base intorno alle 17 affinché venga iniziata la preparazione in occasione della processione serale. All’esterno della chiesa viene posizionata la “vara”, opera del falegname Salvatore Vitale che la realizzò nel 1989, e su di essa viene montata una trave verticale in cima alla quale saranno posizionati il cerchio per le fasce, il mondo e, al di sopra di tutto, “U Signuruzzu”. La vara sarà condotta in processione per le vie del paese da ottanta portatori per mezzo di due “baiarde”, assi in legno che consentono di trasportarla agevolmente in spalla. Ogni anno al cerchio vengono attaccate circa 200 fasce (ognuna lunga 33 metri e larga 40 centimetri) che, piegate a metà, saranno annodate ai polsi di 400 generosi fedeli che tengono a manifestare la loro devozione durante l’evento. Alle 20 il Crocifisso viene posizionato sulla sommità della croce che si trova sullo spiazzale all’esterno della Chiesa del Carmine. La vera processione inizia alle 20:30 proprio da questa piazza al grido di “Pietà e Misericordia Signuri”.
La fede e l’unità collettiva dei pietrini viene enfatizzata dai loro spostamenti, durante il percorso la folla diventa infatti un’entità unica, che si muove in perfetta sincronia, una precisa rivisitazione e ricostruzione del Golgota che si sposta, si rimodella e si trasforma a seconda dell’ampiezza delle stradine e dei vicoli della città, la metamorfosi di un corpo unico composto da fedeli (circa 500 tra portatori e possessori di fasce) pienamente calati nel loro ruolo e commossi dalla loro totale credenza in questa celebrazione.
Così il Venerdì Santo si trasforma in un rito della comunità in cui a vincere è la speranza da parte degli anziani di tramandare la loro identità e il loro patrimonio culturale, esito di una storia durata millenni, ai giovani che sapranno custodirne i segreti e le credenze.
Articolo a cura di Cristina Randazzo.